A un recente convegno mi è stato esplicitamente chiesto cosa aspettarsi dal futuro da un punto di vista delle possibili evoluzioni tecnologiche. Ovviamente si tratta di una domanda quasi impossibile visto la mia modesta prospettiva del futuro, la velocità delle evoluzioni tecnologiche, il rischio di essere banale con scontate predizioni e l’oggettiva impossibilità di prevedere cosa stia accadendo in un garage della California in questo momento.
In realtà non mi sono fatto sorprendere dalla domanda e sono stato in grado di articolare una risposta con una propria logica e anche un giusto elemento di credibilità: la voce, il parlato, la lingua. Mi sono avventurato nell’affermare che nei prossimi anni verrà risolta una volta per tutte la sfida rappresentata dal comprendere il parlato degli umani da parte di computer con un livello di accuratezza tale da poter effettivamente intavolare “conversazioni” con dispositivi di varia natura aspettandosi risposte sensate. È il sogno di molti ricercatori da decenni, rappresenterebbe un ulteriore gigantesco passo in avanti nell’interazione e nella concezione di nuovi dispositivi per rendere ancora più immediata e naturale la realizzazione di azioni complesse. Già oggi negli USA il 25% delle interrogazioni svolte da dispositivi mobili equipaggiati con Android avvengono attraverso comandi vocali, una percentuale destinata a salire ulteriormente nei prossimi anni e a estendersi a device di ogni genere. Mentre trasferivo questa “verità” devo ammettere che mi convincevo parola dopo parola che questa “predizione” fosse sufficientemente solida e credibile visto anche lo stato attuale di comprensione della lingua da parte di diversi strumenti in commercio.
Tornando a casa a sera tardi sotto la pioggia, mi sono posto la seguente domanda: “E se le cose stessero effettivamente così, quali le implicazioni a livello di business esistenti?”. Il 2010 passerà alla storia come l’anno di concretizzazione delle proposte di ebooks e, soprattutto, dell’accettazione da parte dei consumatori del formato elettronico per la lettura dei libri. Già oggi i volumi digitali raggiungono il 9% – 10% delle vendite complessive e queste percentuali salgono per i titoli commercializzati negli ultimi mesi a indicazioni di un trend consolidato e in espansione. Per tutti gli editori si tratta di un’opportunità se non di una strada obbligata da perseguire. Anche nel nostro paese il fermento è consistente tra i leader della categoria, ma anche aziende tecnologiche come Telecom Italia vedono in questo segmento un’opportunità di business e un’area nella quale concentrare parte del proprio potenziale R&D.
Collegando i due aspetti – comprensione del parlato e progressiva digitalizzazione dei contenuti, in questo caso i libri – sono però arrivato direttamente alla conclusione che l’eventuale manifestarsi di questo breakthrough tecnologico non potrà che avere conseguenze devastanti per l’editoria. Mi rendo conto che non sia un pensiero particolarmente in linea con un comportamento natalizio, ma credo proprio che lo scenario ipotizzato potrebbe avere molte chance di dimostrarsi veritiero. Mi spiego meglio. Per molti editori locali (o linguistici), una buona porzione dei proventi deriva dall’essersi assicurati i diritti di localizzazione (traduzione) di un testo in lingua nazionale. Venuta meno la fisicità del libro (almeno in chiave prospettica), l’ultimo baluardo “fisico” che resta è la lingua. I confini geografici (le nostre Alpi) sono ormai facilmente penetrabili da secoli. La distribuzione fisica dei prodotti è migliorata esponenzialmente negli ultimi decenni e acquistare un testo originale inglese, una volta un’esperienza, oggi una mera banalità. La digitalizzazione dei contenuti garantisce a un consumatore di Ravenna di avere sul proprio Kindle l’ultima fatica di Grisham il giorno stesso in cui viene prodotto e reso disponibile in lingua originale. Per disporre dello stesso prodotto in italiano, forse necessario attendere qualche settimana o mese. Questo oggi. Domani, nel presupposto che la qualità di machine translation (un’estensione del concetto della “comprensione” delle lingue) dovesse raggiungere livelli qualitativi elevati, lo scenario che potrebbe delinearsi prevede un ulteriore affinamento del modello di distribuzione con scomparsa (o taglio) del middle man, in questo caso la casa editrice locale storicamente tenutaria dei diritti territoriali di un’opera straniera. Sempre fantasticando, la generazione di versioni in lingua di un manoscritto inglese potrebbe richiedere solo qualche minuto e qualche giorno per un eventuale controllo e affinamento manuale. Il tutto orchestrato dall’editore della versione originaria o anche direttamente dall’autore. Per la distribuzione non sembrano esserci già oggi troppi problemi visto il fiorire di tante soluzioni che collegano in modo più semplice e veloce domanda e offerta. Un altro esempio di disruption di business model consolidati da centinaia di anni?
Personalmente adoro ragionare avendo chiaramente definito un end game se non proprio certo, sicuramente estremamente probabile. Forza a ragionare in chiave prospettica e a prendere decisioni ponderate da subito sapendo che i tempi di materializzazione non sono istantanei, ma nemmeno remoti. E la storia non solo recente insegna che molte industria si sono invece fatte trovare impreparate ad appuntamenti che invece erano ben delineati e definiti già da tempo.
Io ho solo un dubbio: ci vorrà meno tempo ad avere una traduzione “good enough” prodotta da un computer, o si farà prima ad abituarsi all’inglese?
In entrambi i casi, non parliamo di anni ma di lustri, credo. Conoscendo qualcuno che lavora nel campo, so che il problema della traduzione è molto complesso e ancora oggi non risolto in maniera definitiva, anche se sono stati fatti molti passi avanti e limitando il problema a domini e contesti specifici, i risultati sono significativi.
Nello stesso tempo, non posso fare a meno di notare che, anche in Italia, c’è un numero di persone che è disposta (o addirittura preferisce) vedere un film o un serial in lingua originale. Sky ne è testimone, con la diffusione di nuovi episodi di serial particolarmente seguiti praticamente in contemporanea con la diffusione negli USA. E tutto questo è nato perché, altrimenti, gli interessati facevano da sé, via Internet.
Veramente difficile fare previsioni! 🙂
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“predirre”? Voce composta del verbo dirre?
Ciao Stefano, come sempre sei un gran visionario.
Forse io sono banale ma riguardo al futuro vedo una confluenza di settori differenti in un settore concentrato e formato da telco-banking-publishing dove la componente tecnologica permette una molteplice offerta di servizi integrati ai propri utenti.
Connessione, contenuti, servizi e transazioni.
Da non sottovalutare l’enorme potenzialità per le enterprise solutions che darebbero enormi benefici
So di essere probabilmente l’ultimo superstite a pensarla così, ma non riesco proprio ad abituarmi agli e-book. Uso il pc a lavoro, lo uso a casa in abbondanza; almeno per leggere un libro/rivista vorrei staccare gli occhi da uno schermo…
Per le traduzioni, arriveremo sicuramente al punto indicato che hai indicato, Stefano. Però la mano dell’uomo resterà fondamentale, IMHO.
Ale,
la cosa bella credo sia nel disporre di una scelta in più. Questo [meraviglioso] weekend che sta per concludersi mi ha visto trascorrere gran parte del tempo in due piscine lombarde ad assistere alle gare delle mie figlie (un investimento di 5-6 ore a botta per un reward di 2-3 minuti al massimo). Nella totale assenza di comfort delle piscine italiche (almeno la maggior parte) ho potuto far trascorrere alcune ore leggendo un libro sull’iPad, fare qualche escursione online, scrivere qualche email e intrattenermi in qualche modo. Niente di sbalorditivo, forse solo più comodo e flessibile fare queste cose con un oggetto leggero e versatile. Detto ciò, adoro gli hardcover, guardare le copertine e ricordo con nostalgia le ore trascorse da Barnes & Noble con quel meraviglioso profumo di carta di libri, il silenzio compiacente e stimolante e una selezione di titoli che sembrava infinita. Forse durerà ancora un po’.
Hai ragione: quando uno è tonto c’è poco da fare salvo seguire velocemente i consigli degli amici. Stefano
Elia, questa la strada. Serve connettività pervasiva, contenuti di ogni genere, forma e soggetto ma sempre di qualità e facilità – quasi spontaneità – nelle transazioni. Un po’ alla volta ci arriveremo.