Ieri ho partecipato a a una tavola rotonda a Roma. Durante il dibattito uno spettatore ha invocato la disponibilità di connettività gratuita adducendo il costo della ADSL come causa principale della limitata diffusione di Internet in Italia. Inutile sottolineare come una simile proposta abbia raccolto il consenso di tutti in platea sotto forma di un fragoroso applauso. Abbastanza scontato, ma onestamente anche un po’ modesto e patetico allo stesso tempo. Mi sfugge e non riesco a cogliere il razionale dietro a una simile osservazione, salvo la mera, pura semplice convenienza personale, anche questa comprensibile fino a un certo punto. Parlandone a cena (o colazione visto che la mezzanotte era già trascorsa!) con Nicholas Negroponte e altri commensali, l’ipotesi ha assunto un po’ più contorni grazie a una provocazione relativa ai marciapiedi: sono gratis? Servono alla gente? Sono quindi parte delle “infrastrutture” fornite dallo stato ai cittadini e – in quanto tale – anche Internet potrebbe ricadere nella stessa logica.
Una simile impostazione della discussione – pur portando in teoria allo stesso risultato della richiesta dello spettatore – si presta ad alcune riflessioni e considerazioni. L’organizzazione sociale ha da tempo – forse secoli – messo a fuoco l’esigenza di corredare le strade – altro elemento ritenuto utile alla collettività – di superfici strettamente riservate ai pedoni. Immagino che una percentuale delle tasse pagate dalla porzione dei cittadini italiani che ritiene suo dovere adempiere a questa incombenza sia dedicata alla costruzione, mantenimento e gestione anche dei marciapiedi. Nulla da eccepire. L’elemento di fondo consiste nella decisione presa dalla collettività di investire in marciapiedi. Che io sappia nessuna organizzazione civile ha al momento stabilito che oltre a garantire ai cittadini i marciapiedi lo stesso debba essere fatto con l’accesso a Internet. Finlandia e Giappone gli unici paesi che si sono mossi in questa direzione in chiave prospettica. Qualora anche il nostro paese dovesse seguire un’impostazione simile potremmo forse ambire ad avere connettività della stessa qualità dei nostri marciapiedi (evito di ripetermi sulla propensione a pagare le tasse e alla capacità dei governi degli ultimi 50+ anni a sviluppare un sistema fiscale equo ed efficiente).
Nel frattempo la realtà delle cose è molto più pragmatica e misurabile. Italia, Francia e Inghilterra hanno quasi esattamente lo stesso numero di abitanti (60 milioni), ma una penetrazione Internet molto differente: 40 milioni la stima per UK e FR, poco più della metà per IT. E senza conoscerli uno per uno, sono abbastanza certo che le famiglie britanniche e francesi che hanno deciso di investire qualcosa tra i €20 e i €30 al mese per una ADSL l’abbiano fatto perché convinti dell’utilità della scelta. Stesso ragionamento per quelle italiane, salvo prendere atto della minore condivisione di questo approccio al di qua delle Alpi. Il perché è di sicuro il risultato di diversi fattori concorrenti quali la limitata offerta di soluzioni di commercio elettronico, la riluttanza delle piccole e medie imprese a investire in tecnologia in generale, la non conoscenza della lingua inglese e l’elevata propensione alla pirateria, quest’ultimo elemento non direttamente correlato alla connettività, ma che definisce l’atteggiamento mentale tipico del consumatore italiano.
Personalmente sono molto soddisfatto della mia linea Telecom Italia che, dopo un assestamento iniziale, si è caratterizzata per affidabilità e prestazioni senza creare alcun problema. Impossibile ipotizzare nemmeno lontanamente di vivere senza connettività perché ciò comporterebbe una veemente reazione dei restanti membri del nucleo familiare, gatto compreso.
in Italia più che un problema di costi credo sia un problema culturale, digital divide compreso,
se la mobile comunication evolve cresce anche negli spazi degli “immigrati digitali” o
“senza tetto digitali” alla Negroponte
non così la connettività e l’uso del web
alla faccia del free speech media …
lanciamo una campagna di
alfabetizzazione digitale
Prof Daniele Pauletto
Concordo. A mio avviso è il Cultural Gap la vera motivazione con profonde radici e cause nel sistema scolastico ed educativo italiano. Difficile da scardinare.
“Cultural Gap ha profonde radici e cause nel sistema scolastico ed educativo italiano … ”
se ne discuteva qui
http://relazioninelweb.blogspot.com/
I giovani studenti non trovano risposte nelle anguste aule scolastiche,
dispersi in una didattica spenta fatta da docenti, ormai immigrati digitali…
Scuola che Noia …
Gli Analfabeti del 21′ secolo…
Implosione della scuola …
“Bisogna, piuttosto, rinnovare i programmi … Sono anni ormai che non si cambiano i contenuti delle didattica …” Massimo Cacciari
Il sistema didattico scolastico è decisamente complice di tutto ciò ma sono fermamente convinto che il tempo gioca a favore del rinnovamento. Vi faccio un esempio: Io ho 32 anni, mi ricordo le cassette, le riviste relative ai miei interessi, il primo game boy e oggi lavoro con il telefono che utilizzo per la posta, navigare, agenda ecc…
Ho un fratellino di 18 anni che le cassette non le ha mai viste, le riviste on le ha mai comprate ma ha la tariffa flat sul suo telefono con cui fa tutto (e non lavora).
Mia figlia di 5 mesi ha ricevuto la palestrina interattiva che è un sostanziale touch screen per infanti….Se tanto mi da tanto tempus fugit
In effetti Internet -e quindi la sua accessibilità- può ben essere ricompreso nella categoria di Bene Pubblico, in particolare per il concetto di non rivalità e non escludibilità nel consumo.
Il fatto che oggi non lo sia è per mera inerzia culturale e politica. Ma non dimentichiamo che in passato anche l’accesso all’istruzione e alla sanità erano considerati beni privati.
Sarebbe magnifico se oggi qualcuno lanciasse una proposta di “cultural upgrade” basata sull’accesso libero alla rete. Un bel modo per fare vera Politica e allontanarsi dal piccolo cabotaggio di tutti i giorni.
Sicuramente una tematica su cui potrebbe scrivere più di un libro….
Mi piace lo spunto di Elia Blei che affronta con visione ottimistica le possibili realtà future.
Trovo un po’ disfattiste (anche se comprensibili) le critiche mosse dal prof Pauletto.