Defriending: la cosa giusta da fare

Devo essere onesto: non ho moltissimi amici su questo pianeta e le mie interazioni con gli extraterrestri sono al momento estremamente limitate. Ho invece molte conoscenze in gran parte maturate in ambito professionale. Persone molto piacevoli a volte, di sicuro interessanti, ma – allo stesso tempo – non classificabili nella categoria di amici, almeno secondo il significato etimologico del termine. Credo che molti si possano ritrovare in questa sintesi: pochi amici, tante conoscenze più o meno superficiali.

Allo stato attuale sembrerebbe che io abbia 201 amici secondo la classificazione di Facebook. Di sicuro non sbaglia Facebook, ma il termine friend è evidentemente inappropriato. In realtà si tratta di contatti con i quali ho trascorso esperienze di varia natura, principalmente in ambito professionale. Per quanto incredibile e comico possa sembrare, il mio vero migliore amico non ha un account su Facebook e, quindi, non è nei 201 attuali.

E ora la confessione: già da diversi mesi ho iniziato un processo di defriending che si manifesta in due forme. In primo luogo nel non accettare nuove richieste di amicizia da parte di persone che – secondo i miei parametri – non ricadono nemmeno nella molto generica classificazione di “contatti”. QUindi, nel ripulire (da cui il termine defriending) il mio database di contatti procedendo alla cancellazione di persone note e accettate nel momento dell’euforia iniziale e secondo la logica “che bello, vogliamoci tutti bene”. Due i razionali che mi hanno condotto verso questa decisione. In primo luogo ho realizzato che le interazione dirette con molti di questi “amici” erano essenzialmente nulle nel tempo. Nulla di bidirezionale da spartire se non l’entusiasmo iniziale derivato dalla scoperta di Facebook e la volontà – teorica visti i risultati a posteriori – di socializzare. Credo sia una constatazione oggettiva che si applica a una elevatissima percentuale dei contatti del network personale di ciascuno di noi. La conclusione è stata semplice: visto che non abbiamo nulla da dirci, forse interrompere il “legame” non crea di fatto alcun problema. E quindi, silenziosamente, un anno fa circa è iniziato il mio processo di defriending che ha portato a sfoltire il mio network di un centinaia di unità. Secondo punto, sono diventato molto più sensibile e attento agli aspetti legati alla privacy e alla condivisione delle informazioni personali. Con tutto il rispetto e la stima per molti dei miei “amici”, sono arrivato alla conclusione che non avesse troppo senso condividere dati e immagini personali.

Come anticipato, ho poi deciso di rifiutare (o ignorare secondo la terminologia di Facebook) nuove richieste provenienti da sconosciuti o persone con le quali le interazioni nel mondo reale sono state fino a quel momento estremamente superficiali. La conclusione alla quale si potrebbe arrivare è che non sia proprio un simpaticone. Forse le cose stanno esattamente così, ma esiste una giustificazione razionale alla decisione presa. Anzi, due.

In primo luogo desidero rendere pubbliche alcune info personali con un numero limitato di persone. Anche una banalissima foto contiene riferimenti che, tutto sommato, non ha molto senso che io condivida con conoscenze occasionali. Immagino non interessi più di tanto, preferisco non condividerle vista l’irrilevanza di fondo e, soprattutto, ho il timore che possano essere utilizzate in modo improprio. La seconda motivazione riguarda proprio il valore delle info che vengono condivise in un social networking. A mio avviso la loro rilevanza e forse utilità è inversamente proporzionale alla dimensione dell’audience di riferimento. Le foto di una vacanza della mia famiglia possono interessare e suscitare qualche commento tra la ristretta cerchia dei miei contatti, ma – esasperando il concetto – allo stesso tempo produrre effetti negativi se accessibili a chi onestamente non a molto a che spartire con me e i miei cari. Ed essendo la mia interpretazione di Facebook quella di un social esclusivamente a dimensione personale e non professionale, indispensabile limitare la condivisione solo a chi frequento realmente nella vita di tutti i giorni.

Questo articolo ha 6 commenti.

  1. Michel

    Complimenti per l’analisi e per il defriending che condivido in pieno, per varie motivazioni non ho un account facebook e se lo avessi (in caso decidessi di attivarne uno, non si sa mai nella vita) immagino che utilizzerei un approccio del tutto simile.
    Michel

  2. Federico

    Credo che ogni persona di buon senso non possa che condividere pienamente la tua analisi e le tue decisioni. Per quel che mi riguarda tendo a riservare Facebook agli amici (più o meno stretti) e Linkedin ai contatti professionali (che, come nel nostro caso, possono non avere seguito nell’immediato ma sono senza dubbio potenzialmente importanti per il futuro).

  3. Paolo

    Concordo, per me è anche peggio perchè facendo “social” per lavoro devo essere amico di tutti e quindi di nessuno. Ti ringrazio comunque per non avermi (ancora) cancellato. Spero tu non lo faccia…. A proposito di “amici” su facebook, a un cliente avevamo proposto un’applicazione per poter distinguere tra i “friends” i veri amici con un bollino blu (difficile indovinare chi può essere questa azienda, vero?). Forse fortunamente per tutti,non se ne è fatto niente.

  4. Sebonide

    Condivido in pieno. Ho sempre pensato non fosse “carino” eliminare un contatto accettato in passato ma è giusto farlo. Mi rimane il dubbio che il contatto esautorato venga a conoscenza di questa mia azione e ci rimanga male.

  5. Stefano Maruzzi

    Lo scoprirà la prossima volta che cercherà di interagire con te. Ma visto che in passato gli scambi espliciti sono stati limitati o nulli, il rischio è minimo. Se messo alle strette e in difficoltà (non credo, ma giusto per scherzare), trasferisci elegantemente la colpa alla tecnologia. Funziona sempre.

    Stefano

  6. Stefano Maruzzi

    Secondo le statistiche ufficiali di Facebook, il numero medio di “amici” è pari a 130.
    Immagino esistano diversi “zombie” accounts praticamente inattivi che impattano decisamente sul valore medio.

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