Going bananas for digital content

Il titolo non ha nulla a che vedere con il contenuto di questo post. In questo momento sto mangiando una banana e quindi ecco spiegato il motivo. Più concretamente ho letto con grande piacere l’intervista a Barry Eisler pubblicata su Daily Beast. Recentemente questo autore di successo americano ha pubblicamente annunciato di aver deciso di voler pubblicare i suoi prossimi lavori in modo autonomo, evitando di appoggiarsi a una casa editrice come da tradizione. Non è il primo a farlo e non sarà ovviamente l’ultimo. Anzi, soltanto uno dei tanti di un elenco che non potrà che allungarsi nei prossimi anni. È semplicemente inevitabile e logico allo stesso tempo. Lo scorso anno Seth Godin aveva fatto esattamente la stessa cosa.

Quello che mi è piaciuto nell’intervista di Eisler è il dettaglio numerico (in italiano diremmo i conti in tasca) con cui l’autore analizza la sua decisione e che con grande trasparenza e tranquillità condivide con i lettori. Un semplice calcolo finanziario con una certa componente di rischio, ma nulla di diverso dall’accendere un mutuo o acquistare delle azioni in borsa. Personalmente la cosa non mi crea alcun imbarazzo. Di sicuro l’aspetto più interessante è cercare di capire se questo sia solo l’inizio di un trend riservato agli autori di successo o se – come invece credo – si tratti solo dell’inizio di un’ulteriore forma di disintermediazione e di semplificazione di un processo produttivo e distributivo come è già successo per altri settori, la musica su tutti.

Lo scorso anno il mondo dell’editoria nostrana ha celebrato l’avvento di Apple iPad come un momento storico per l’umanità. In realtà le cose sono andate leggermente in modo diverso. Un fantastico prodotto per Apple (realistiche le stime a questo punto di 10 milioni di pezzi venduti in Q1 2011), un ottimo strumento di intrattenimento e svago per i consumatori, ma non certo un punto di svolta per l’industria delle notizie e dei libri. Nonostante oggi il 10% dei libri venduti negli USA sia in formato ebook, l’agency model introdotto da Apple (e non capito dagli editori all’inizio) non ha favorito i consumatori forzando per esempio Amazon.com ad aumentare i prezzi all’epoca allineati a $9.99 per arrivare anche a storpiature come l’ultima fatica di Grisham più costosa in formato ebook che in hardcover causa l’imposizione dei prezzi da parte degli editori. Non stupisce quindi che che è il vero artefice di un successo editoriale non pensi di trarre vantaggio dalle nuove modalità distributive, liberandosi di un livello intermedio non più indispensabile come in passato. Sono fermamente convinto che nei prossimi anni questo trend non potrà che affermarsi ed estendersi per numerosità d’autori e di mercati.

A supporto di questa sensazione (tesi sarebbe forse troppo), il racconto di quanto sperimentato recentemente in occasione di un viaggio con la mia auto in compagnia di alcune googlers. Loro malgrado, sono state costrette a sentirsi dozzine di pezzi di genere alternative di band a loro assolutamente sconosciute, tutti rigorosamente acquistati più o meno a $1 al pezzo. Una buona parte delle canzoni hanno riscontrato il consenso soprattutto di due delle tre passeggere a bordo, una delle quali intenta a prendere nota di titoli e nomi dei brani mentre comparivano sul car system. Il commento che desidero condividere e che supporta la mia “teoria” (con una necessaria spiegazione aggiuntiva) è arrivato dalla terza passeggera, la più lontana per gusti musicali dal genere “imposto” dal sottoscritto. Ed è stato il seguente: “Incredibile rendersi conto di quante band brave ci siano al mondo senza sapere nemmeno che esistano”. Le due azioni combinate – il ruolo di diffusore di ciascuno di noi e la disponibilità ad accogliere qualche spunto nuovo – sono il propulsore della nuova economia digitale di oggi e del futuro. Un produttore di contenuto di qualità – sia musica, testo o video – riesce a esprimersi molto facilmente nello scenario digitale attuale. Allo stesso tempo esistono condizioni accessibili a tutti per la diffusione e la distribuzione del proprio lavoro con consistenti opportunità di monetizzazione. Come consumatore sono semplicemente entusiasta di poter beneficiare di questa abbondanza di contenuti di qualità a condizioni di massima comodità e convenienza da tutti i punti di vista. E non mi si dica che senza l’azione del middle man – l’editore nel caso dei libri – la qualità non possa emergere. Per le mie tre colleghe molti dei brani che hanno casualmente ascoltato possiedono tutti i requisiti per entrare a far parte della loro biblioteca musicale. Con un click.

BTW, conoscete Sleeperstar? Wherever you go è …

Questo articolo ha un commento

  1. Ludovico

    La disintermediazione è una caratteristica dirompente di internet e il caso di Eisler è altamente esemplificativo. Tuttavia, nel medio periodo, difficilmente questo paradigma si applicherà all’editoria professionale che si distingue per caratteristiche peculiari, non ultimo il valore del brand dell’editore. Che si parli di economia e management o di medicina molti acquirenti scelgono un libro per la fiducia che nutrono nei confronti dell’editore. Inoltre i ricavi per gli autori, spesso professionisti affermati, sono più modesti rispetto ai bestseller e probabilmente non giustificherebbero un approccio di auto-edizione.
    Ritieni che swarm intelligence ed evoluzione dei costumi finiranno per rimodellare anche questo mercato nel lungo periodo?
    Ciao

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