Il contachilometri indica 8971. Di chi è questo dato?

Ultimamente ho trascorso più tempo al volante rispetto al passato. Mai prestata attenzione al numero totale di chilometri percorsi. L’altro giorno, non so nemmeno perché, ho posato l’occhio sulla cifra nell’angolo inferiore sinistro della zona degli indicatori del cruscotto.
Il numero non ha suscitato alcuna emozione e considerazione relativa all’auto, alla guida, ai consumi o altro ancora. La riflessione che mi è venuta spontanea è stata un’altra: chi è il proprietario di quell’informazione? Potrà sembrare un quesito un po’ particolare, ma a me sembra più che legittimo, logico e giustificato ragionando secondo il pensiero che mi ha guidato nella stesura de La Fine dell’Era del Buon Senso.
Non semplice trovare la risposta corretta e sensata.

Fino a poco fa, porsi questa domanda sarebbe stato molto sciocco. Il dato in questione aveva una rilevanza limitata, circoscritta nel tempo e in momenti specifici oltre che di interesse per pochi soggetti. Acquisto di auto usata, revisione periodica, calcoli di percorrenza mensile, limiti di chilometraggio in caso di noleggio e poco altro ancora. Il proprietario dell’auto, il meccanico, il rivenditore e il noleggiatore le figure interessate di quando in quando nel conoscere questa informazione. Il produttore dell’auto? Limitatamente. Recentemente nelle comunicazioni pubblicitarie ha fatto la sua comparsa l’informazione relativa alla garanzia espressa in anni o chilometri percorsi, ma in generale non c’era modo per raccogliere in modo sistematico questo valore, salvo che in occasione di interventi presso concessionarie. Ma anche in questo caso, il dato aveva vita limitata e utilità circoscritta all’evento. Quindi, riassumendo, di proprietà incerta, ma nemmeno un problema particolarmente grave e/o interessante.

Oggi le cose non sono più esattamente così. Se l’auto è dotata di sistema satellitare, l’informazione prodotta dal contachilometri è condivisa con il fornitore del servizio praticamente in ogni istante, in modo continuativo e dettagliato, associando anche la posizione. Ancora più interessante, il tutto senza che il guidatore o il proprietario dell’auto ne sia necessariamente a conoscenza o consapevole delle potenziali conseguenze. Attivare un satellitare significa implicitamente delegare a una terza parte una componente trascurabile di informazioni personali. Già questo un primo esempio di diversità rispetto al passato. Ma non è finita qui. In un mondo di dati e di informazioni condivise, è realistico ritenere che presto i produttori di auto integreranno intelligenza software all’interno dell’abitacolo per meglio coordinare la mole incredibile di dati e di comportamenti generati dal proprietario. pensate all’iPod collegato al sistema audio. Nel momento in cui viene eseguita una canzone di Rihanna dall’iPod e visualizzate le informazioni connesse – autore, titolo, durata e altro – sullo schermo del sistema di intrattenimento di bordo, è corretto pensare che il produttore dell’auto sia a conoscenza dei nostri gusti musicali? Direi proprio di si: logico, evidente e inevitabile in un mondo di sistemi e soluzioni interconnesse. Come Apple può avere un’idea abbastanza precisa delle preferenze musicali attraverso gli acquisti da iTunes e le informazioni recuperate con i servizi Genius e Match, altrettanto vale per VolksWagen, Audi e altri. Due le domandi da porsi:

  1. Il titolare dell’auto è a conoscenza del fatto che una terza parte potrebbe accedere a elementi relativi al proprio comportamento senza peraltro aver stabilito in modo chiaro e preciso i confini di questa relazione indiretta?
  2. Il produttore di auto è interessato a espandere la sua sfera di conoscenza al di là di quello che è stato storicamente il proprio campo di pertinenza e di operatività?

No e si le due risposte a mio avviso. Questi alcuni dei temi trattati nel mio libro. Termino riprendendo la domanda iniziale. Il chilometraggio segnalato dal contachilometri era essenzialmente una non-informazione, o qualcosa con rilevanza marginale fino a poco fa. Nel nuovo mondo di oggetti sempre più collegati a Internet, anche un elemento così irrilevante assume una sua valenza, importanza e utilità. L’agente software che coordina le attività della mia auto potrebbe trarne beneficio per promuovere una serie di servizi di assistenza o, addirittura, avvalersi di questo dato dialogando con operatori terzi come stazioni di servizio, centri di riparazione, assicurazioni o la Polizia Stradale. Nei primi casi per fare business, nell’ultimo per segnalare eventuali infrazioni al codice stradale.

Non spaventatevi, però. I vantaggi dell’era post buon senso sono e saranno tangibili e in alcun modo ci stiamo indirizzando verso uno scenario alla 1984. Di sicuro, però, non è più un dato personale di limitata utilità, ma un’informazione con un proprio valore economico. Interessante visto che questo modo di ragionare e di valutare le cose non è confinato soltanto a questo, ma si applica in generale a tutto.

Questo articolo ha un commento

  1. Ormai dobbiamo porci questo genere di domande in relazione a tanti dati che descrivono minuziosamente la nostra vita, ma sono sostanzialmente fuori dal nostro controllo. Paradossalmente, tra social media e dispositivi sempre connessi, in molti casi perdere il controllo dei nostri dati personali e’ una nostra consapevole scelta. Anche se spesso non siamo consapevoli delle consegiuenze… Mi domando se verra’ un giorno in cui rientreremo in possesso del controllo sui nostri dati personali, e potremo usarlo a nostro vantaggio, per esempio decidendo se “venderli” in cambio di sconti e altri vantaggi tangibili…

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