Finisce nel peggiore dei modi la storia di Borders, la seconda catena di libri, musica e gadgets degli USA. All’apice della sua storia, Borders Group impiegava 20,000 dipendenti, gestiva oltre 500 punti vendita sotto l’etichetta Borders e quasi altri duecento come conseguenza dell’acquisizione di Waldenbooks, più soluzioni commerciali di dimensioni ridotte come Borders Express. Dopo traversie che si sono protratte per almeno un paio d’anni, Borders nei giorni scorsi ha ufficialmente annunciato la chiusura delle attività per incapacità di rifinanziare il business ormai in declino inesorabile. Fondata nel 1971 dai fratelli Borders, la catena si è espansa in questi quarant’anni rivaleggiando con Barnes&Noble per la dominanza nel segmento della vendita di libri originariamente e successivamente CD musicali e DVD video. Con Borders cade un altro illustre rappresentante del mondo retail offline incapace di leggere per tempo i segnali inizialmente deboli, ma negli anni sempre più forti e insistenti legati al passaggio al digitale. Personalmente un loyal customer di Borders, ricordo le ore passate a scrutare gli scaffali pieni di libri, le riviste sfogliate su comode poltrone, il meraviglioso profumo di carta stampata, le copertine sfiorate con le dita per il piacere della sensazione tattile, i CD preascoltati e i DVD Disney comprati per le bimbe. Il tutto principalmente a Redmond, ma anche alle Hawai’i e in un’altra dozzina di località. Borders era sinonimo di esperienza piacevole, sicurezza nella selezione e convenienza da tutti i punti di vista. Stesse emozioni provate da Tower Records, Virgin’s Megastore, Sam’s Goody e molte altre catene di prodotti di entertainment fisici che caratterizzavano il panorama del settore retail offline americano. Tutte ormai “evaporate” con B&N ultima sopravvissuta – sebbene fortemente ridimensionata – e in pesante crisi di indentità.
Sebbene la scomparsa di punti vendita come Borders sia un evento abbastanza ineluttabile ovunque, è altrettanto evidente che questa enorme catena ha commesso errori macroscopici una decina di anni fa, più o meno all’inizio della diffusione di Internet negli USA. La scelta di delegare ad Amazon.com la costruzione della propria presenza online è stata estremamente vantaggiosa per il retailer di Seattle perché ha di fatto eliminato un potenziale e ingombrante concorrente nella fase di iniziale di crescita e di espansione. Per Borders una sorta di suicidio preannunciato. Il fatto che il rapporto sia stato interrotto il 22 marzo 2007 dopo sei anni dimostra – almeno dall’esterno – come il management dell’azienda abbia agito in modo miope rispetto a uno tsunami che si stava abbattendo inesorabilmente su tutto il comparto. Per Amazon.com una perdita di fatturato stimata tra $80M e $160M, importo ridicolo rispetto al volume d’affari dell’epoca già superiore ai $7B annui. E – seppure imprecise – queste cifre erano un’indicazione della contribuzione online al fatturato di Borders, importi molto bassi in termini assoluti. Più recentemente, il lancio nel luglio 2010 di un proprio eBook store, un’ulteriore indicazione delle difficoltà di adattamento a un mondo completamente diverso e incapace di sostenere la struttura di costi di un colosso pensato e concepito in un’era pre-Internet.
E come sempre, la cosa più ridicola e forse irriverente, è che oggi il consumo di media – libri, notizie, musica e film – è di gran lunga superiore rispetto agli anni d’oro di Borders. A beneficiarne Amazon.com, Netflix, Apple e pochi altri emeriti sconosciuti nel settore solo pochi anni fa.