In negoziazione permanente

Passo giornate intere davanti allo schermo, ma spesso senza poter dedicare nemmeno un secondo ad attività extra lavorative. Quando ho un attimo di tempo cerco di occuparmi delle cose che mi riguardano personalmente come controllare qualche conto bancario, aggiornare le informazioni personali sul sito di una delle carte di credito che utilizzo con grande frequenza e fare acquisti online. Lo scorso weekend mi sono ritagliato qualche minuto per alcune di queste attività, tutto sommato con grande piacere e soddisfazione.

Forse. Avanzo qualche dubbio e perplessità in merito perché senza il supporto telefonico di una risorsa molto educata, gentile e comprensiva di American Express non sarei riuscito a risolvere un problema di accesso e di autenticazione emerso nel log-in. Non credo d’aver fatto nulla di sbagliato visto che username e password erano sempre le stesse. Sta di fatto che l’accesso non mi era più consentito forse per qualche nuova restrizione nell’implementare forme di sicurezza più restrittive.

Molto banalmente ho realizzato come l’interlocutore del caso – ma non sono gli unici ovviamente – disponesse di una buona dose di informazioni che mi riguardano. Considerando anche le varie dozzine di transazioni che compio mensilmente, credo siano in grado di tracciare un quadro molto chiaro, concreto, preciso e realistico di chi sia io come persona e come consumatore. Se viaggio lo sanno. Se svolgo attività sportiva ne sono a conoscenza grazie all’abbonamento alla palestra e agli acquisti di abbigliamento e scarpe Nike. Quando vado in vacanza e dove è un segreto facile da scoprire per loro. Nulla di nuovo.

Un secondo esempio. Sulla mia auto è montato un sistema di sicurezza satellitare. La società che segue il servizio sa dove abito, dove parcheggio di giorno e di notte, le mie abitudini nel weekend (ogni sabato tennis in un club della zona, per esempio), eventuali viaggi per vacanza e lavoro. Ogni secondo quando sono al volante la mia posizione è teoricamente rappresentata su una mappa (spero almeno sia una Google map!) e i dati – qualora lo volessero – potrebbero essere memorizzati e utilizzati in vario modo. Potrei proseguire con gli esempi, ma non credo serva. Aggiungo solo che online il discorso non è differente, indipendentemente dall’interlocutore di turno: un motore di ricerca, un sito di e-commerce o Apple iTunes.

Perché sono disposto a condividere un’incredibile quantità di dati personali con emeriti sconosciuti? La risposta è semplice e ovvia: mi conviene e ne traggo un benefico. Meglio, ho deciso che con alcuni “interlocutori” la cessione di informazioni che mi riguardano sia sufficientemente controbilanciata da un valore che ne ricevo in cambio. Non seguo questo atteggiamento con chiunque, ma sono decisamente selettivo. Anzi, sono in permanente negoziazione avendo individuato come merce di scambio parte o molte delle informazioni che mi riguardano in ritorno di valore incrementale. Questo online succede con elevata frequenza e, sulla base dell’ipotesi precedente, sta a indicare che traggo valore e benefici di varia natura (in generale convenience) da questo costante trade-in / trade-off a cui mi sottopongo volentieri quando riscontro un vantaggio. Non esiste un limite definito per quanto sono disposto a condividere, ma varia in funzione dell’interlocutore. Alla base non tanto le eventuali clausole, quanto una più generica fiducia nei confronti di chi mi aiuta a semplificare la mia vita di tutti i giorni.

Questo articolo ha 4 commenti.

  1. Doctor Brand

    “Passo giornate intere davanti allo schermo, ma spesso senza poter dedicare nemmeno un secondo ad attività extra lavorative. ”

    Cavolo Stefano, potrei avrle scritte io queste parole… 😛

  2. Marco Zordan

    Riciclando il termine negoziazione … come si potrebbe negoziare con Google (qui ed oltreoceano)? 🙂

    Io pensavo che un punto di inizio potrebbe essere l’originalità. Per di più dopo aver letto cosa fanno negli States ( http://punto-informatico.it/2837909/PI/News/tutti-pazzi-broadband-google.aspx ) mi è venuto in mente di mettere una bella scritta (Google!) sopra il vigneto dietro casa.

    Magari gli vien voglia di sentire se in questa zona, non coperta da Adsl, voglia sperimentare il suo internet veloce… o forse rischio una denuncia per uso non autorizzato del marchio?

    L’inconveniente dell’idea sopraesposta è che servirebbero anni prima che Google veda la scritta 🙂 Notavo oggi che la nuova palestra che esiste da alcuni anni nella frazione dove abito non esiste ancora su Google Maps 🙂

    Mi ha colpito, dell’articolo citato, anche l’ultima frase: “quel National Broadband Plan nel quale gli stessi addetti ai lavori non nutrono grande fiducia.”

    In Italia sian messi peggio… non so se può esser una magra consolazione per gli americani … noi nemmeno lo abbiamo un piano 😀

    Se eventualmente Google fosse interessata a “semplificare la mia vita di tutti i giorni” con la sua connettività ultraveloce per il territorio italiano oltre alle normali vie burocratiche consiglierei di verificare l’ipotesi dei GAS ossia dei Gruppi di Acquisto … ma non mi dilungo, credo che a Google abbiano abbastanza da fare con i Sindaci USA 🙂

    Saluti
    Marco (SE&O)

  3. Marco Zordan

    ERRATA CORRIGE:
    Magari gli vien voglia di verificare se in questa zona, non coperta da Adsl, si possa sperimentare

  4. Marco Zordan

    Buondi Stefano … visto il blog parla di tecnologia e media, indipendentemente da argomenti come libertà e politica, ma puramente da un vista di comunicazione … che ne pensi di quanto accaduto ieri sera con raiperunanotte? Tv, Internet, piazze, radio … un buon “sfruttamento” dei media?

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