Meglio gratis o a pagamento? La seconda, ovviamente

Domanda illogica e risposta che per alcuni potrebbe risultare addirittura offensiva. Fermo restando il fatto che chiunque vorrebbe poter disporre di budget personali di spesa crescenti (o teoricamente anche illimitati) e che ottimizzare l’allocazione del proprio denaro è corretto e sensato, a distanza di anni risulta evidente come ipotizzare un’offerta completamente gratuita su Internet sia semplicemente un’utopia. Lo confermano i dati degli investimenti pubblicitari e i trend di mercato.

Sui 31 miliardi di dollari stimati di investimenti in pubblicità sul Web negli USA nel 2011, praticamente metà è stato assorbito dal segmento search che ben sappiamo significa se tutto va bene 3 o 4 aziende: Google, Yahoo, Microsoft e Ask. Il restante 50% della torta viene diviso da migliaia di realtà, compresi gli stessi tre grandi nel segmento dei motori di ricerca ai quali si aggiunge Facebook ($3.1B nel 2011), Amazon, Apple, AOL, tutti gli editori e siti specializzati. Sembra una dimensione capace di sostenere molti business, ma a conti fatti i miliardi di dollari che decine di migliaia di business devono condividere non sono poi così tanti. Sperare di poter contare su servizi e contenuti gratuiti perché sostenuti dalla pubblicità è forse possibile se questi sono prodotti dai grandi player del settore proprio perché capaci effettivamente di attingere a piene mani a gran parte degli investimi in pubblicità e comunicazione digitale. Per gli altri, il gioco si fa duro.

Come consumatori abbiamo infatti assistito a un progressivo passaggio verso il modello freemium negli ultimi tempi, soprattutto nell’ambito dei giochi. Zynga docet in materia. Il New York Times ha attivato il proprio paywall un anno fa e i risultati conseguiti sembrano soddisfare le esigenze e le aspettative dell’azienda. Quasi 500 mila sottoscrittori alle diverse versioni digitali, numero che ha indotto l’azienda ad abbassare il numero di articoli prospettati gratuitamente da 20 a 10 al mese. L’abbonamento alle versioni digitali del NYT non è proprio economico superando i $420 all’anno. In ambito musicale i €9.99 mensili di Spotify sono ampiamente giustificati dalla qualità del servizio, il gigantesco database musicale e la trasportabilità della musica su qualsiasi dispositivo. Poco meno di €120 vale il beneficio e il piacere trasferito dall’ascolto a proprio piacimento della miglior musica di oggi e di ieri? A mio avviso si e sono dello stesso avviso oltre tre milioni di abbonati di Spotify in tutto il mondo. Anche Hulu Plus va bene. Il servizio a pagamento di Hulu costa $7.99 al mese e consente di accedere a un ampio insieme di TV Shows, film e programmi da parte dei maggiori network televisivi USA.

L’elenco potrebbe proseguire. Si riesce a ottenere qualità a gratis? Credo proprio che la Internet Economy abbia sviluppato ai massimi livelli questo connubio che in precedenza veniva considerato impossibile e irrealizzabile. Detto ciò, la sensazione è che ciò sia possibile solo ed esclusivamente per player che riescono a operare su scala globale spalmando i propri investimenti in R&D su centinaia di milioni di consumatori. Per realtà più piccole, molto impegnativo riuscirci con la stessa garanzia di successo.

Personalmente preferisco di gran lunga soluzioni a subscription capaci di eliminare completamente la presenza della pubblicità – spesso inopportuna – per qualsiasi genere di media. Tra l’app Solitaire gratis e la versione a pagamento da $2.99 non ho dubbi. Vado per la seconda perché lo sforzo economico richiesto va ben oltre alla vera noia e fastidio di dover passare attraverso dei messaggi pubblicitari inopportuni in quello specifico momento. E il noleggio di un film su Apple TV a $4.99 senza alcuna interruzione si giustifica ampiamente da solo, così come l’acquisto di un TV Show da 22 minuti a $2.99.

Ho già raccontato dell’applicazione Vevo HD per iPad. Filmati musicali video ad altissima risoluzione senza alcuna pubblicità prima, dopo o durante. Non concepisco alcun altro modo per beneficiare di un video clip che questo. La sensazione nel complesso è che ci si stia progressivamente avvicinando a un modello dove i contenuti vengono acquistati, soprattutto quando prospettati a importi ragionevoli come negli esempi citati. Inoltre dobbiamo abituarci a ragionare sapendo che per quanto possano crescere gli investimenti in comunicazione digitale, non saranno mai sufficienti per sostenere un consumo di media in crescita esponenziale. Meglio essere selettivi nelle scelte e puntare a un’esperienza piacevole e gradevole oltre che in linea con le proprie aspettative, tutti elementi che una subscription dovrebbe comportare in mod automatico e in cambio di una piccola fee.

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