Balzelli digitali dal WSJ?

Sono un avido lettore del Wall Street Journal da molti anni. Ovviamente da quando esiste la versione digitale ho abbandonato la pubblicazione cartacea europea – originariamente con base a Bruxelles e recentemente trasferitasi nella più logica sede di Londra – per la comodità, la completezza e la ricchezza dell’informazione online. Pago regolarmente l’abbonamento e da qualche mese accedo con una certa frequenza ai contenuti di WSJ attraverso un’applet per iPhone (there’s an app for that!, ovviamente).

Mr. Murdoch, proprietario di News Corp e da metà 2007 anche di Dow Jones e quindi di WSJ, è stato decisamente vocal nei mesi scorsi sull’esigenza di far pagare i contenuti online, decisione che mi trova d’accordo e non suscita in me alcun problema o sensazione negativa. Trovo invece abbastanza fastidioso quanto si sta prefigurando proprio a livello di dispositivi mobili. Apparentemente – ma ho scritto a WSJ per una verifica e per trasferire il mio punto di vista – solo chi è sottoscrittore sia della versione cartacea che di quella online (quindi .com) può visualizzare gli stessi contenuti su un telefono attraverso un app senza esborsi aggiuntivi. Nel mio caso di abbonato al solo mezzo online, mi viene educatamente proposto un abbonamento di $0.50 a settimana, essenzialmente un balzello per visualizzare sul mio iPhone quanto compro già regolarmente attraverso il mio abbonamento online. Se così fosse – e sono in attesa di una conferma anche se gli screen dump catturati dal mio iPhone sono molto chiari in merito – credo che non solo non sottoscriverò questa meravigliosa opportunità, ma anche non rinnoverò più il mio abbonamento dopo forse quasi una ventina d’anni di fedele militanza nelle schiere dei loro lettori.

Attendo fiducioso. Con uguale curiosità aspetto di capire come si muoveranno gli editori italiani visto che le loro esigenze in termini di monetizzazione sono assimilabili, ma con una differenza abissale lato offerta.

Questo articolo ha 4 commenti.

  1. Fabrizio

    ciao Stefano, innanzitutto buon anno e un grosso in bocca al lupo per il tuo nuovo incarico!
    La prima considerazione che faccio è che in realtà i contenuti on line sono tutt’altro che gratis! per poterne usufruire ognuno di noi deve acquistare un oggetto (per esempio un iphone o un pc), deve pagare un abbonamento a un ISP, quindi in realtà il problema sembra essere soprattutto quello relativo a come indirizzare al meglio il flusso del denaro, visto che ben poco di questo denaro finisce nelle casse degli editori ( a meno che questi non siano anche i proprietari del terminale e/o del network di accesso…). A mio avviso tu sei “vittima” proprio di questo conflitto epocale tra i principali contendenti nella guerra tra chi avrà il controllo dei contenuti digitali (editori, produttori di device, carrier, motori di ricerca ;-)….). Nel caso dell’abbonamento on line tu riconosci all’editore il diritto del controllo del flusso economico, mentre nel caso del “secondo balzello” probabilmente lo riconosci alla apple. Secondo me la differenza tra i due modelli non è banale, per cui penso che ne vedremo delle belle, visto che comunque l’esigenza di ricevere al momento giusto l’informzione giusta è ormai un “must”.

  2. Stefano Maruzzi

    Non credo proprio Apple benefici di questo imposto anche perché la sottoscrizione avviene all’esterno del modello di business delle applicazioni presenti sull’App Store di iTunes di cui Apple incassa il 30% nel caso si tratti di un’applicazione a pagamento.
    Resta il fatto che hai perfettamente ragione circa i vari costi legati alla connettività, assorbiti però dagli ISPs.

  3. Sergio

    Davvero singolare, se confermata, la strategia adottata dal WSJ. C’è da dire, però, che da una persona come Murdoch che definisce i motori di ricerca “plagiarists” e “content kleptomaniacs” non c’è da aspettarsi molto.

    Le considerazioni virgolettate, che possono apparire esagerate, le ho riscontrate in un articolo dal titolo “The Era of Big Search is Over: Why 2010 Will Be All About Content” che la invito a leggere (link sotto)

    Cmq, se la battaglia che sostiene Murdoch dovesse andare in porto, le testate online di proprietà del magante sicuramente perderebbero una buona percentuale di accessi in quanto ritengo che abbiano bisogno di Google, più di quanto Google ha bisogno di loro.

    http://industry.bnet.com/technology/10004528/the-era-of-big-search-is-over-why-2010-will-be-all-about-content/

  4. Paolo Ferrandi

    Sono nelle tue stesse condizioni: abbonamento alla versione online del WSJ e lucchetti su un certo numero di articoli proposti nella app sull’iPhone. Noto anche la i concorrenti diretti (il Financial Times, per esempio) non sono così fastidiosamente esosi (ma in questo caso ho un abbonamento al cartaceo che mi dà diritto all’accesso via web e altre svariate cosette e quindi forse le due offerte non sono sovrapponibili)

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