Per David Cameron, Primo Ministro inglese, è giunto il momento di riconsiderare la strategia legata alle gestione dell’obesità, considerato un problema sociale con impatti più ampi rispetto al semplice aspetto legato alla salute dei cittadini. Un suo recente commento ha innescato un acceso dibattito negli UK sul tema. La proposta consiste nel ridurre i sussidi pubblici alle persone sovrappeso nelle condizioni di poter fare qualcosa per migliorare la propria condizione fisica. Allo stato attuale i sussidi arrivano fino a £100 alla settimana (circa €130) e spesso sono considerati sufficienti per vivere senza lavorare beneficiando del supporto pubblico. Per molti – ovviamente non tutti i beneficiari – un’opportunità per vivere “on sickness benefits” cioè sulle spalle della collettività evitando accuratamente di impegnarsi per perdere peso, riacquistare una forma fisica compatibile con il lavoro. Può sembrare eccessivo, ma da tempo l’argomento è il soggetto di un TV Show molto seguito su Channel 5: Benefits Britain.
La proposta nel concreto consiste nel valutare di ridurre i benefici per coloro che rifiutino di collaborare nel tentativo di risolvere i propri problemi di salute (non necessariamente solo peso, ma anche dipendenze di varia natura). Quindi non necessariamente un taglio draconiano, quanto piuttosto un progetto in divenire. Recentemente il Daily Mail ha pubblicato la mappa dell’obesità mondiale. American Samoa in testa a questa particolare graduatoria con il 75% della popolazione sovrappeso. In Europa, contrariamente a quanto avrei mai immaginato, la leadership spetta alla Czech Republic.
Riprendendo alcuni dati pubblicati nel mio libro La Fine dell’Era del Buon Senso ormai quasi 3 anni fa, ecco alcuni dati su cui riflettere sul tema in questione:
… Prendiamo come esempio la salute. Il problema dell’obesità tra i giovanissimi ha assunto negli USA livelli allarmanti interessando una percentuale pari al 33% tra i pre-teens (sotto i tredici anni) e teens (da tredici fino a diciannove). In Italia, nonostante una dieta teoricamente più bilanciata, la tendenza di fondo evolve nella medesima direzione. La gravità del problema è evidente nelle implicazioni mediche associate nel breve e nel lungo periodo. Per esempio, studi condotti su ampi campioni della popolazione hanno evidenziato come ragazzi obesi tra i 10 e i 13 anni abbiano l’80% di probabilità di diventare adulti obesi a causa delle difficoltà oggettive nel trattare questa condizione medica. Le possibili patologie comprendo alta pressione sanguigna, diabete, rischi cardiocircolatori, difficoltà di respirazione e di sonno e problemi alle ossa e alle articolazioni. Da una prospettiva economica, questa condizione medica rappresenta un costo per il sistema sanitario, le aziende, i diretti interessati e la collettività. Uno studio condotto dalla George Washington University School of Public Health ha determinato in $4.879 e $2.646 il costo individuale annuo rispettivamente per donne e uomini obesi. In generale, sempre negli USA i costi sanitari associati all’obesità ammontano a $147 miliardi annui, quasi il 10% del totale della spesa medica generale. …
A migliaia le reazioni del pubblico sul tema che – in prossimità delle elezioni generali del 7 maggio 2015 – si presta perfettamente a qualsiasi valutazione e strumentalizzazione. Il principio di fondo non sembra sbagliato, soprattutto se interpretato dal punto di vista medico e con l’obiettivo di eliminare una causa di disagio nel breve e di problemi maggiori nel lungo periodo.