Anche oggi la reputazione e la credibilità giocano un ruolo non trascurabile nel mondo economico, sociale, scientifico e politico. Cristoforo Colombo (CC) se l’è costruita andando contro corrente e dimostrando – forse a sua insaputa – che le teorie sulla natura piatta del pianeta fossero sbagliate. Questo post dimostrerà in modo inequivocabile che – nonostante tutto – CC avesse torto.
La prendo un po’ alla larga. Recentemente si è parlato in termini profetici dei phablets, nuovo termine nato dalla fusione di phone e tablet sottintendendo telefoni con schermi di dimensioni superiori alle medie attuali. A ben vedere l’allargamento del visore è un trend in atto da almeno un decennio, non una grandissima sorpresa, né una novità. Ipotizzare oggi e nel prossimo futuro dispositivi elettronici con una superficie interattiva più ampia (quello che nell’antichità si chiamava schermo) è molto logico perché i telefoni portatili sono sempre meno telefoni e sempre più qualcosa di diverso. Già da oltre un anno le misurazioni sull’uso degli smartphone indicano nell’utilizzo delle apps installate l’impiego principale, superiore al tempo dedicato a fare e ricevere telefonate. Se un telefono si allontana sempre più dall’idea originaria di telefono, comprensibile e accettabile che anche il form factor viri rispetto alle aspettative. La superficie multitouch piatta di smartphones e tablet è l’area di interazione tra il dispositivo e il terrestre che lo possiede. Visto che i polpastrelli hanno un certo ingombro e che la vista in molti soggetti richiede degli interventi correttivi di vario genere, consentire l’interazione umano-dispositvo in condizioni vantaggiose per il primo è sensato e logico. Ma nemmeno questo dimostra la fallacità di CC.
Subito sotto questo strato trasparente risiedono dozzine e dozzine di piattaforme di sviluppo software, totalmente invisibili e ignote alla maggior parte delle persone. Ma è proprio sfruttando queste piattaforme (collezioni di API) che si forma e si definisce il prossimo futuro evolutivo dei prodotti della consumer electronics. Ciascuna di queste piattaforme è una soluzione specializzata per portare a termine azioni utili a definire nel loro insieme l’esperienza trasferita al consumatore. Riprendendo il dato precedente e rileggendolo da una prospettiva solo leggermente diversa, ogni possessore di smartphone passa più tempo a interagire con del software piuttosto che in piacevoli o movimentate conversazioni telefoniche.
Piattaforme e software sono sinonimi. Procedendo in questa direzione, software significa intelligenza o anche valore aggiunto. Più software, più intelligenza. I nuovi televisori non a caso si definiscono smart: dopo decenni e decenni di vita da tubo catodico o poco più, solo recentemente con l’aggiunta di servizi software sono diventati qualcosa di più che un passivo visualizzatore di contenuto video. Stessa considerazione per le automobili, anche se in questo caso occorrerà attendere ancora qualche anno con un progressivo rinnovo del parco auto per permettere a molti guidatori di sviluppare un’esperienza in prima persona a bordo di veicoli super computerizzati. Visto che il software sta permeando anche frigoriferi, forni a microonde, bilance e dozzine di altri prodotti e generi, è evidente che presto ci troveremo a operare circondati da dispositivi che giustamente amano definirsi smart. E per ogni aspetto di questo attributo smart, esiste una o più piattaforme software specializzate.
Un’opportunità incredibile. Gigantesca. Non unica, ma sicuramente la prima di questa portata nella storia dell’umanità. Mai in passato si sono presentate le condizioni per una disruption su qualsiasi fronte grazie alla diffusione di tecnologia e alla facilità di condivisione delle informazioni e all’elaborazione delle stesse. È quindi abbastanza semplice ipotizzare per il prossimo futuro la nascita di una miriade di servizi e di app indirizzate alle più svariate esigenze e necessità. Ciascuna di queste trae beneficio dalla disponibilità di altre piattaforme, potenzialmente dando origine ad altre sfruttabili da terze parti. Un enorme ecosistema in continua espansione, evoluzione e perfezionamento.
Un esempio tra i meno spontanei e naturali da citare ma alquanto pertinente, è mySociety.org, una charity inglese che si è data la missione di rendere disponibili soluzioni digitali per migliorare la società civile attraverso la condivisione di dati e di informazioni per aziende, autorità locali e governative. A loro volta operano come fornitore di servizi software per terze parti – una piattaforma, quindi – creando le condizioni ad altri di sviluppare soluzioni utili ai cittadini. Google espone un’incredibile quantità di API, spesso accessibili gratuitamente a volte a condizioni economiche super vantaggiose considerando l’affidabilità e i problemi che risolvono. Basti pensare alle mappe. Stesso discorso per la Graph API di Facebook, in pratica il verbo del mondo social. Ma ne esistono moltissime altre di nicchia, super specializzate e capaci di risolvere problemi di ogni genere.
Per gli sviluppatori, ma anche per chi ha idee, una vera meraviglia. Le condizioni e gli strumenti per creare soluzioni innovative esistono e sono alla portata di tutti. Per sfruttarle serve competenza, formazione e fantasia visto che quasi non esistono limiti a quanto si possa e si potrà ipotizzare. Tante piattaforme super piatte dalle quali partire per edificare una nuovo mondo. Caro dott. Colombo, un modo totalmente piatto, trasparente, aperto e incastrabile a piacere. Non resta che scatenare la creatività!