Fiumi di parole per raccontare della vendita del Washington Post e di altri prodotti editoriali connessi per $250M. Alcuni fatti:
- Niente di nuovo. L’acquirente è Jeff Bezos, un miliardario con una fortuna personale stimata in $25B grazie ad Amazon.com, l’azienda che ha fondato. Questo primo fatto è stato celebrato dai media di tutto il mondo – anche quelli italiani – come un evento eccezionale. Già questo primo aspetto dimostra la visione sempre modesta e limitata dei media cartacei, talmente concentrati nel tentativo di preservare il proprio presente da aver una vista e una memoria molto corta. È Bezos il primo miliardario a comprare dei quotiiani USA? Sembrerebbe di no vista la recente acquisizione del Boston Globe e quanto fatto da Warren Buffet negli scorsi anni. L’oracolo di Omaha ha investito la folle somma di $200M per il quotidiano della sua cittadina e un totale di $344M in diverse pubblicazioni, compreso il Washington Post di cui deteneva circa il 28% fino all’altro giorno.
- Siamo alla frutta. La prima osservazione – oltre alla serialità di queste acquisizione – sta proprio negli importi quasi ridicoli necessari per entrare in possesso di marchi della carta stampata che hanno fatto la storia del giornalismo. Appunto, il passato, un presente iper-traballante e un futuro che gli editori attuali non sono nemmeno capaci di intravvedere. Ho già ricordato come The Boston Globe fosse stato oggetto nel 1993 di una transazione da $1.1B per essere poi venduto per $70M a inizio di agosto 2013. Dovrebbe far riflettere ancor di più quanto fece il gruppo Tribune nel giugno 2000 con il gruppo a cui faceva capo il LA Times: $8.3B, la maggiore transizione della storia nel mondo dell’editoria tradizionale. Tredici anni fa, quando era evidente la traiettoria dei quotidiani venne commessa questa pura follia almeno dal punto di vista della valutazione. La conclusione è semplice: il valore economico di questi brand è forse più legato alla nostalgia, al passato, ai ricordi, alle redazioni dove il fumo regnava sovrano piuttosto che a concrete prospettive evolutive.
- Solo dall’esterno. Nonostante tutti gli sforzi, sembra che l’unica chiave prospettica per i quotidiani USA sia affidarsi a dei tycoons senza una vera e propria esperienza di tipo editoriale. E anche questo aspetto non andrebbe sottovalutato non tanto per enfatizzare l’incapacità dell’industria di trovare una chiave di lettura corretta al cambiamento tecnologico, quanto piuttosto perché introduce il dubbio che queste acquisizioni siano anche guidate da elementi che hanno a vedere con l’ego personale piuttosto che a veri e proprie iniziative imprenditoriali. I $250M pagati per il WP rappresentano l’1% del patrimonio personale di Bezos. Una buona dose di soldi, ma noccioline per Bezos. Una variazione di $3 del titolo AMZN comporta un guadagno superiore all’esborso sostenuto per il WP. La vera domanda da porre è però un’altra: a chi avrebbero dovuto vendere i proprietari del WP, insigni rappresentanti di un’industria in totale decadenza? Difficile pensare che un imprenditore desideroso di cimentarsi con un’iniziativa ad alto o buon potenziale avesse il coraggio di investire capitali ed energie in un’attività così rischiosa. A mio avviso le alternative a un “collezionista” come Bezos, Buffett o Henry non potevano ricadere che nella categoria dei pluri miliardari emersi negli ultimi 20 anni nel settore tecnologico.
- Confondere il soggetto con l’azienda. Il management del WP è rimasto – almeno al momento – totalmente invariato rispetto al passato recente. Forse troppo presto per arrivare a conclusioni, ma nelle ore successive alla formalizzazione della trattativa si è parlato di un futuro di innovazione e cambiamenti per il WP che dovranno dapprima essere individuati e poi opportunamente finanziati con eventuali altre iniezioni di capitali. Amazon dispone di know-how, talenti, risorse e strumenti, ma gli azionisti di questa azienda sono esclusivamente interessati alla crescita e al successo del business dell’e-commerce visti gli ampi spazi di espansione in nuove geografie e settori.
- Le attività editoriali. Questi i numeri del 2012 delle attività del WP e di altre testate cartacee e digitali correlate oggetto della transazione e che delineano bene il quadro attuale e la traiettoria della testata:
- Newspaper publishing division revenue in 2012 declined 7% to $581.7 million, from $622.5 million in 2011. Print advertising revenue at The Washington Post in 2012 declined 14% to $228.2 million, from $264.5 million in 2011. The decline is largely due to reductions in general and retail advertising. Revenue generated by the Company’s online publishing activities, primarily washingtonpost.com and Slate, increased 5% to $110.6 million, from $105.8 million in 2011. Display online advertising revenue increased 6% in 2012, and online classified advertising revenue decreased 1% in 2012. In 2012, daily circulation at The Washington Post declined 8.6% and Sunday circulation declined 6.2%; average daily circulation at The Washington Post totaled 471,800 and average Sunday circulation totaled 687,200.
Sensato pensare che Bezos abbia delineato un piano di lavoro e un team di persone che si dedicheranno a far fruttare l’investimento appena sostenuto. Altrettanto evidente, però, come – ancora una volta – i risultati degli ultimi anni evidenzino l’esigenza di reinventare completamente questo business per sperare in un futuro dove anche il conto economico abbia un senso.